Giuseppe Venezia - contrabbasso Attilio Trioiano - sax tenore, flauto Luigi Grasso - sax contralto Jerome Etcheberry - tromba Stjepko Gut - tromba, flicorno, mumbles (n.13) Ehud Asherie - pianoforte Duffy Jackson - batteria, scat (13)
buy nowA dire il vero, visto il nutrito gruppo di musicisti, per quattro settimi stranieri, vista la track list fatta di standards and around, vista la permanenza di Giuseppe Venezia per qualche mese a New York, rectius a Manhattan come il contrabbassista scrive nel booklet (definendola la più bella isola del mondo), chi scrive aveva la convinzione che “Let The Jazz Flow” fosse stato registrato oltreoceano; invece la session unica è avvenuta in quel di Conversano, a pochi chilometri da Bari, un paio di anni fa.
A parte i blasonati a stelle e strisce (fatta eccezione per Gut), la terna italiana suona ghiottamente e tiene il passo degli altri sodali, anzi facendoli sudare. Il mood che si respira è quello di puro divertissement (del quale ce ne è tanto bisogno), tutti lì a fare jazz senza troppi problemi, ma con tanta voglia di suonare dei bei brani: dal fast di “Undecided“, in due take, con il contrabbasso di Venezia a far da contrappunto a tutti, cuce, taglia, deciso negli attacchi e dal suono pieno, spinge tutti, Duffy Jackson compreso che straborda di swing. Prova orchestrale in “Just A Groove“, che replica in “Dig” di Miles Davis, con l’assolo di Attilio Trioiano al flauto, strumento che nelle sue mani non sembra per niente debole nel suono e, anzi, il fiatista lucano ne ricerca la purezza con un fraseggio fluido, ma incisivo, prima di lasciare la scena al flicorno scintillante di Stjepko Gut che unisce tradizione e modernità con un solo soffio. Ed è il trombettista slavo che apre le immortali note di “Honeysuckle Rose“, magistralmente condotta dalle corde di Venezia, che fa da regista e passa il testimone prima a Ehud Asherie, abile nel creare ampie tessiture, per poi prendere la parola e modellare le linee armoniche del brano con la giusta velocità e oculata ponderatezza. Un canzoniere ricco e ancor più ricchi sono gli ornamenti che i musicisti portano, come il fraseggio di Luigi Grasso, tumultuoso, che palesa una destrezza tecnica che pochi possono vantare, con un ottimo vibrato per una visione machista del contralto (“Lester Leaps“), che fa da contraltare al tenore di Attilio Troiano, profondo e perfettamente controllato, ma al contempo potente.
La conclusiva “Blues For C.T.” è una festa nella festa, con Duffy Jackson che fa scat magnificamente, i fiati che si divertono a dilatare le note, e i mumbles, invectio di Clarke Terry, appannaggio di uno straordinario Stjepko Gut.
Giuseppe Venezia è giovane, ma ha già il piglio del leader e “Let The Jazz Flow“ lo prova a pieno titolo.
Alceste Ayroldi per Jazzitalia